IL NUOVO MONDO di maxmara
Ciao, sono Marco Mondini, 29 anni, posto fisso in banca, bello stipendio, economia aziendale fino ai 25 anni, bella vita, canne, amicizie "giuste"; ho successo con le donne, ora convivo, ho tanti amici (e amiche..) per uscire di sera.
Che bella vita... la vuoi barattare?!?!?
Ok, lo ammetto, sono fortunato: ho tutto quello che si può desiderare.
Ogni tanto per la verità sento qualcosa dentro, qualcosa che non va; un omino piccolino piccolino, probabilmente con un caschetto e una tutina mimetica, che esplora i miei vasi sanguigni e lentamento mi circola in tutto il corpo, e mi si ferma in testa e non mi molla più. Poi però vado a dormire e quando mi sveglio, puff, l'amichetto è sparito. E io sono di nuovo io, Mondo, pronto a una nuova avventura.
Quando non esco di sera finisce sempre così, con l'alpinista in corpo. Mi chiudo in uno sgabuzzino e scrivo storie di quasi-famiglie. Storie di famiglie modello, di famiglie belle, di famiglie alla brillantina e di famiglie cotonate. Famiglie da copertina. Famiglie da Famiglia Cristiana. Famiglie come non ce ne sono. Mai.
Famiglie-amore. Amore-famiglia. Famiglia-Amore-Amore-Famiglia. Autocommiserazione. Scrivere di amore è la fasulla ricchezza dei poveri.
Come dite?! La macchina sportiva? Il lavoro in banca? Io sono ricco?
In queste serate io sono povero. Povero di spirito. Per fortuna però (me l'ha detto Cark Gable) domani è un altro giorno, e dopo una dormita l'omino se ne va.
E' meglio uscire di sera, specie se lo si fa con le amiche giuste. Marta. Carrozzeria decente. Buon assetto. Ciuccia assai. Macchina sportiva. Amica sportiva, Marta.
E' fidanzata?! Beh, anch'io.
Le implicazioni sentimentali però prima o poi bloccano tutti. Non me, ovvio, io sono una specie di Dio, ma tutti gli altri si.
"Stasera niente, sono fidanzata..."
"ah, e che cazzo siamo usciti a fare?"
"per parlare un po'..."
"per parlare?! siamo usciti per parlare? Non erano parole fini a un accoppiamento selvaggio? Non parlavamo per creare atmosfera intorno alla monta folle? Stavamo parlando per il gusto di parlare?"
Stavamo parlando per il gusto di parlare. Il suo.
L'ho lasciata a sedere in riva al fosso, come una prostituta qualunque. Come dite?! Ho esagerato?!
Non credo, io sono così e non mi cambierete mai...
Non vedo Marta da 10 anni.
Stanotte ripensavo a quell'ultimo incontro, ai pensieri che affollavano la mia mente in quei giorni, alle mille amicizie e ai miei raccontini pieni di falsità. Erano famiglie sdolcinate, false, ridicole.
Oggi pomeriggio invece ho un'immagine negli occhi. Io, che ho sempre odiato la pesca, oggi sono a sedere sull'argine del fiume. Ho la canna da pesca in mano, mi incanto per un istante sui vermicelli che ho portato da casa. Come si pesca, e che esche si usano, me lo ha insegnato un amico. A me non interessava, ma ora è diverso. Una voce mi chiama. E' felice, raggiante, entusiasta. Ha appena trionfato. Ha pescato il suo primo pesce. Quella voce mi è familiare, quella voce ha qualcosa di mio. Quella voce è di mio figlio.
Si gode un momento magico, solleva il suo trofeo e mi rende partecipe della sua vittoria. Mi si avvicina, mi schiaffa un sonoro "5" con il palmo della mano e mi si butta al collo; il suo abbraccio mi stringe, mi stritola, mi fa salire le lacrime agli occhi. Mi vuole bene; me lo dice la sua voce: le cose belle gliele insegno io, io ci sono sempre.
L'ho visto, emozionato, leggere un bel messaggio in Chiesa durante la sua comunione; mi ha guardato e il mio sorriso gli ha dato fermezza; ha cercato i miei occhi dal trampolino della sua prima gara di nuoto, e io mi sono sbracciato per garantirgli il mio appoggio; ha cercato il mio sguardo alla lezione di piano, con le dita tremanti e imbranate: gli sorridevo in silenzio, con le mani sulle ginocchia (come Forrest Gump).
Quel pesce è un altro successo, io ci sono sempre.
Voglio anche che soffra prima o poi, il minimo necessario per crescere; voglio vederlo una volta ubriaco, perchè si deve provare tutto, ma una sola; voglio che rimanga per sempre il bravo ragazzo che è, anche se a volte ai miei occhi di padre non sembra.
Padri e figli sono uguali: parlano una lingua propria. Ognuno la propria.
Voglio fidarmi di lui, come mi sarei fidato di me stesso quando mio padre non poteva farlo; un padre non ritiene mai il figlio abbastanza responsabile, ma io non voglio essere cieco, voglio dargli fiducia ogni volta che mi dimostri di meritarla.
Voglio potergli dare tutto ciò che vuole, voglio che studi, voglio offrirgli tutti i soldi che servono, anche se lui mi dirà che vuole essere indipendente.
Voglio la salute eterna per lui, e tutte le gioie possibili; voglio la salute anche per me, solo per aiutarlo quando avrà bisogno, per esserci per lui, per vederlo crescere e per far crescere bene anche i suoi figli.
A quel punto, vecchio padre realizzato, voglio morire in un cinema, solo con me stesso, mentre vedo un bel film. Voglio morire così, con un grande proiettore alle spalle e un immenso sorriso in faccia...
Ma è un futuro remoto, a cui non si deve pensare. Non fa parte della mia personalità; o forse sì...
Guardo il mio piccolo e raggiante figlio pescatore e penso a quanto tempo sembra passato da quando facevo vita di bagordi, penso a quanto è azzeccato il detto "quant'acqua è passata sotto i ponti"...
Ho messo la testa a posto, è nato un piccolo me, un piccolo Mondo. Gli insegnerò l'inglese, la guida, la contabilità, l'uso del termostato del frigorifero. Mettendo a sua disposizione quello che so, sto scoprendo un mondo nuovo. Sono diverso, davvero. Ma sono sempre io. Semplicemente, il nuovo Mondo.